Apriamo con questo numero, sulle pagine di Lab-Politiche e Culture, un dibattito teorico sulle radici del pensiero progressista contemporaneo, a partire dal ‘laburismo cristiano di Giuseppe Dossetti, dalla sua eredità etica e politica.

Don Giuseppe Dossetti per vocazione fu un monaco, un aspirante ‘anacoreta della Tebaide’. Dei monaci della Tebaide, si diceva che vivevano vita natural durante nel deserto. Ne uscivano e si recavano in città solo se si verificava una pestilenza, o un attacco di barbari. Allora quei monaci avvertivano il bisogno di unirsi alla comunità minacciata e di lottare con essa contro il flagello.

Don Giuseppe Dossetti uscì dal deserto tre volte nella sua vita. Nel ‘43, quando il flagello della guerra e la ferocia della tirannia di Salò non consentirono più alcun codardo distacco del mondo; nel ‘56, per ‘obbedienza’ nei confronti del cardinal Lercaro, che gli chiese di candidarsi al Comune di Bologna per contrastarvi l’egemonia comunista; e nel ‘94, quando Berlusconi, sull’onda del successo politico-elettorale del 27 marzo, rispolverò i progetti della P2 revisionisti della Costituzione.

Fu allora, 15 aprile del ‘94, che, insieme a Nilde Jotti, don Giuseppe convocò nella sua Abbazia di Monteveglio un’assemblea di ‘resistenti. Lì nacquero i Comitati per difesa della Costituzione, dai quali gemmò poi l’Ulivo di Romano Prodi.

Nel 2006 il tentativo berlusconiano di sovvertimento della Costituzione fu bocciato dal popolo italiano nelle urne referendarie. Nello stesso anno Prodi formò il suo secondo governo avendo l’Ulivo vinto le elezioni politiche. Il seme piantato a Monteveglio aveva dato i suoi frutti.

Non c’è alcun dubbio che oggi, a fronte delle riforme promosse dal Governo Meloni, don Giuseppe sarebbe ancora una volta uscito dal deserto e si sarebbe messo in campo per salvare la democrazia e la Costituzione italiane. Anzi, sotto certi aspetti ne è già uscito. Ad esempio, la recente pubblicazione di ‘Le orme di Dossetti’, a cura di Giuseppe Giliberti e Davide Ferrari per Intra Edizioni, sta riscontrando un interesse importante ad ogni tappa del tour delle presentazioni. Dossetti è qui, ora, tra noi.

Il combinato disposto della autonomia differenziata e del premierato stravolge due dei principi fondativi della nostra democrazia. L’art. 5 della Costituzione afferma che la Repubblica è una e indivisibile, pur nel riconoscimento e nella valorizzazione delle autonomie locali. Un’apertura al decentramento amministrativo, quella dell’art. 5 Cost., il cui raggio è stato esteso fino ad includervi competenze precipuamente politiche nel 2001 con la Riforma del Titolo V. A quella riforma si collega oggi il Ddl Calderoli, appena approvato dalle Camere a maggioranza semplice. Sotto certi aspetti quindi, in virtù dell’art. 5 della Costituzione e della breccia aperta nel 2001, col Ddl Calderoli, pur se i confini del decentramento amministrativo contemplato nella Carta fondamentale sono stati estesi fino al limes con la rottura dell’unità ed indivisibilità della Repubblica, siamo ancora nel solco della Costituzione. Tant’è che il Quirinale nulla ha obiettato ed ha promulgato la legge.

Un vero stravolgimento della Carta è invece il premierato, voluto in prima persona dalla premier Meloni.

Il cardine del patto fondativo della nostra Repubblica è la sua natura parlamentare. Dei tre poteri, fatta salva l’autonomia e indipendenza della magistratura, è il legislativo che ha il primato sullesecutivo. È il Parlamento che, ai sensi della Costituzione, fa le leggi e dà mandato di garantirne l’esecuzione al Governo, non viceversa.

Il Ddl sul Premierato in discussione alle Camere ed in via di approvazione – ancora una volta a maggioranza semplice – ribalta completamente tale gerarchia. Ai parlamentari verrà lasciato solo un fatuo diritto di tribuna. Il patto fondativo della nostra convivenza democratica viene stravolto. Siamo nel pieno di un’eversione costituzionale. Tanto più pericolosa nel contesto di rottura degli equilibri internazionali, delle minacce eversive trumpiane negli USA, dei rischi di conflitti che potrebbero coinvolgere anche il nostro Paese.

È dunque l’ora di uscire dalle nicchie nelle quali in tanti ci siamo rintanati, di tornare nelle piazze, di unirci in un campo più che largo. In un campo costituzionale.

Lab-Politiche e Culture, rivista no profit, ad accesso libero, interamente prodotta da volontari, già da ora è a fianco ed appoggia ogni iniziativa che vada in questa direzione.

In copertina: A. M. HOCH, Four Breathers (Bright Yellow), oil on canvas, 72.5 x 54 inches, 1986

L'autore

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Luigi Gravagnuolo

Luigi Gravagnuolo, n. 1951, è stato giornalista direttore della Radio Tv Salerno Sera, insegnante, docente presso l'UNISA negli anni novanta, comunicatore d'impresa e per Enti pubblici, direttore generale dei Comuni di Baronissi e di Salerno, sindaco di Cava de' Tirreni. Oggi è notista per diverse testate online, tra le quali genteeterritorio.it