51° Premio Suzzara (24 novembre 2024)
Adrian Botan, Erika Vecchietti
Istituito nel 1948 con il significativo titolo: “Lavoro e lavoratori nell’arte”, il Premio Suzzara giunge nel 2024 alla sua 51esima edizione, quest’anno titolata “Materia instabile. Il nuovo volto del lavoro nell’arte” (link per il download gratuito del catalogo: https://drive.google.com/file/d/1-M0NdfLeGsMoHWRP03ly9JjX1N3bPyPP/view?usp=drive_link).
La cornice concettuale entro cui si è voluto inquadrare questa ripresa – dopo sei anni dall’ultima rassegna, risalente al 2018 – del Premio Suzzara è quella della materia, dell’elemento che, sottoposto a una determinata sollecitazione, cambia di stato. La nostra materia è l’arte contemporanea, il fattore che produce il cambiamento è la società, la cartina di tornasole è il lavoro. Arte contemporanea e società sono infatti due aspetti strettamente connessi, che si influenzano a vicenda in un dialogo continuo. Più che mai, la creatività riflette oggi – mettendola spesso in discussione – la società in cui si sviluppa, ne assorbe le tensioni, le contraddizioni, le speranze e le paure, e al tempo stesso la provoca, la stimola e la interroga.
Come aspetto cruciale della vita sociale – cartina di tornasole, come scritto poco sopra – il lavoro è stato, soprattutto dal secondo dopoguerra, soggetto di riflessione artistica. L’arte lo ha ritratto da varie prospettive, confrontandosi con esso in modi diversi e spesso provocatori, riflettendone le trasformazioni, le contraddizioni e le sfide. Ecco quindi che alcuni artisti rappresentano il lavoro manuale e le professioni tradizionali, spesso con un focus sulle condizioni di lavoro e sulle lotte dei lavoratori, come Sebastião Salgado, Cory Arcangel o Simon Denny; mostrano atteggiamenti spesso critici, di denuncia dell’alienazione e dello sfruttamento dei lavoratori nel sistema capitalistico, come testimoniato dalla street art di Banksy contro consumismo, precarietà del lavoro e potere delle multinazionali, o da Martha Rosler e Andrea Fraser contro disuguaglianze sociali, disparità salariale, discriminazione e mancanza di opportunità. Lo stesso lavoro – e ruolo – dell’artista vengono messi in discussione, come ci mostrano le performances di Marina Abramović e le discusse creazioni di Hans Haacke e Damien Hirst. Recuperando il concetto che di essa avevano gli artisti – o “artefici” – dell’antichità, l’arte si fa lavoro, atto creativo, valorizzando la manualità, mettendo in primo piano l’impegno, la dedizione e la perizia nel trattamento della materia, come fanno Alighiero Boetti e Giuseppe Penone, e il processo di creazione si fa partecipato e collettivo, coinvolgendo il pubblico nelle opere e ribaltando il tradizionale rapporto tra artista e spettatore, come nelle installazioni di JR e Ólafur Elíasson.
Come si inserisce il Premio Suzzara in questo turbinoso panorama di cambiamenti di stato? Il 2024 è stato un anno di rinascita. Si è scelto di aprire il concorso a tutti, privilegiando un accesso democratico, senza limitazioni di tecnica, formato o linguaggio artistico. I progetti dei 36 artisti selezionati, che rimarranno in mostra fino al 28 febbraio 2025, indagano a diversi livelli, e mediante linguaggi che spaziano dalla pittura alla fotografia, dalla scultura all’installazione, il tema dell’instabilità, che caratterizza più che mai l’odierna condizione liquida del lavoratore – e della lavoratrice – e con esso della società intera. Si va da approcci più didascalico-narrativi, che riprendono in maniera puntuale lo spirito originario del Premio, secondo cui l’arte deve essere leggibile con facilità e accessibile a tutti – e soprattutto ne riprendono la tradizione figurativa – a vie più concettuali, che riflettono sul tema della materia instabile suggerendo spunti più mediati e sottili, spesso attraverso un’interazione spaziale con chi guarda. Fa piacere vedere, in molte opere, un grado altissimo di capacità di trattamento della materia, dato che conferma l’ancora forte legame con l’“arte” tradizionale, con il gesto, con la sapienza dell’artigiano creatore.
Vincitrice del 51° Premio Suzzara l’installazione “Colonna della memoria” dell’artista trentino Paolo Vivian, 100 cubi in legno di larice dipinti e impilati su un perno metallico alto 4 metri e sessanta centimetri. Una colonna che è intrinsecamente “materia instabile” per l’equilibrio precario dei suoi moduli, che si arrampicano verso il cielo come vertebre di una colossale spina dorsale, con il loro cromatismo essenziale, primario. Alle classiche tre dimensioni Vivian aggiunge anche la quarta, quella del tempo – e con esso della memoria –, richiamata dagli anelli del legno ma anche dalle crepe che l’essenza viva del larice ha, adattandosi all’ambiente in cui è stata installata, spontaneamente prodotto. Un panta rhei – tutto scorre – eraclitiano, un continuo trasformarsi, evolversi, fondersi, nel tempo e nello spazio, metafora dell’attuale società liquida, come parimenti del mondo del lavoro.
Importanti corollari al 51° Premio Suzzara, concretizzati in tre iniziative allestite negli spazi della collezione permanente del Museo, rappresentano simbolicamente il legame del Premio con il passato – quel passato percepito come così solido in confronto alle attuali contraddizioni, e con il territorio.
Innanzitutto, la celebrazione di due grandi protagonisti del Premio Suzzara nel Novecento: Lanfranco e Ferruccio Bolognesi. La presenza di Lanfranco segue il contatto con il Centro Studi Lanfranco di Quingentole, da cui è scaturito un importante prestito temporaneo di dodici opere, dipinti e sculture, che vanno a tracciare l’itinerario artistico del Maestro e fanno da pendant – con il loro carattere visionario e immaginifico – alle opere in mostra nella collezione permanente. Ferruccio Bolognesi richiama parimenti un significativo legame con un aspetto identitario di questo angolo di pianura, un vero e proprio genius loci, che si può tradurre – con un’etichetta discussa ma nostro malgrado entrata nella tradizione – con il naifismo, la figura carismatica di Cesare Zavattini e la vicina, nonostante il confine regionale, Luzzara, sede di quel Museo Nazionale delle Arti Naïves in cui il Maestro è ampiamente documentato.
Terza iniziativa, che va a completare l’evento – e la tematica – del Premio, la mostra allestita ai piani superiori (“La paga del sabato. Gli anni d’oro del Premio Suzzara 1948-1958”, a cura di chi scrive), che espone i capolavori della collezione, molti dei quali nuovamente esposti dopo una lunga permanenza nei depositi, risalenti a un periodo chiave del Novecento, il neorealismo, in cui l’arte rifletteva, nel rappresentare il lavoro, quella società solida, autoconsapevole pur nelle inevitabili contraddizioni, che si vuol confrontare proprio con l’instabilità attuale.
Una doverosa menzione di ringraziamento al Sindaco e all’Assessore alla Cultura della Città di Suzzara, Alessandro Guastalli e Stefano Rosselli, agli artisti e allo staff del Museo Galleria del Premio, composto da dipendenti, volontari del servizio civile e stagisti della Scuole Arti e Mestieri “F. Bertazzoni” ed ENAIP di Mantova.