a cura di Pierrick Hamon e Jean-Claude Mairal, con Giuseppe Giliberti
Vladimir Fédorovski, diplomatico e scrittore russo, è figlio di un eroe ucraino della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1972 inizia la sua carriera come addetto presso l’ambasciata dell’Unione Sovietica in Mauritania, dove, grazie alla sua conoscenza dell’arabo, assiste Leonid Brežnev come interprete. Continuando la sua carriera, si orienta verso la Francia. Nel 1977 viene nominato addetto culturale a Parigi e nel 1985 consegue un dottorato in storia sul ruolo dei governi nella storia diplomatica francese. Tornato a Mosca, lavora presso il Ministero degli Affari Esteri. Durante questo periodo, stringe un’amicizia con Aleksandr Jakovlev, braccio destro di Gorbačëv e considerato l’artefice della perestrojka. Fédorovski viene nominato consigliere diplomatico e contribuisce alla promozione della perestrojka in Francia. Deluso dall’incoerenza di Gorbačëv, nel 1990 decide di abbandonare la carriera diplomatica per partecipare alla creazione di uno dei primi partiti democratici russi, il Movimento delle Riforme Democratiche. Opponendosi alla linea dura del Partito Comunista e del KGB, diventa portavoce del Movimento delle Riforme Democratiche durante la resistenza contro il colpo di Stato di Mosca nell’agosto 1991. Da allora, Vladimir Fédorovski si dedica principalmente alla sua carriera di scrittore. I suoi libri, scritti in francese, riscuotono un successo internazionale e sono tradotti in 28 paesi. È lo scrittore russo-ucraino più pubblicato in Francia ed è spesso invitato a commentare la situazione geopolitica internazionale.
Intervista del 20/12/2024 con Pierrick Hamon e Jean-Claude Mairal di I-Dialogos, a Parigi e Vichy, insieme a Giuseppe Giliberti della rivista italiana LAB Politiche e Culture a Bologna.
I-Dialogos/LAB Politiche e Culture: Vladimir Fédorovski, ha appena pubblicato un nuovo libro intitolato “Stalin-Putin, un dialogo dall’oltretomba”. Lei osserva che, prima delle sanzioni decise dagli occidentali, i russi erano favorevoli all’Unione Europea per oltre l’80%, mentre oggi sarebbe il contrario, con un’incredibile risalita della popolarità di Stalin. Come spiega questo ribaltamento?
Vladimir Fédorovski: Stiamo vivendo il periodo più pericoloso della storia dell’Europa. In Russia, Stalin è effettivamente diventato il personaggio più popolare, più di tutti gli altri leader della storia russa. È un fenomeno unico, direi un fenomeno storico. Tutte le linee rosse sono state superate. C’è una commistione tra propaganda e politica reale. In questo libro utilizzo un ipotetico dialogo tra Putin e Stalin per spiegare la crisi attuale.
Jean-Claude Mairal: Non pensa che ci sia stata un’enorme occasione mancata da parte degli occidentali, degli americani ma anche della Francia e di tutti i paesi dell’Europa dell’Est, quando si erano create le condizioni per costruire, come diceva il generale De Gaulle, un’Europa dall’Atlantico agli Urali?
Vladimir Fédorovski: Sono d’accordo al 100% con lei. Si trattava di un’occasione assolutamente unica per il mondo, un’occasione completamente persa dalle diplomazie, in particolare quelle europee. Gli occidentali hanno considerato ciò che faceva Gorbačëv come un segno di debolezza, mentre era, al contrario, una prova di forza intellettuale. Come diplomatico vicino al numero due del Cremlino, ero profondamente coinvolto in tutto ciò. Volevamo partecipare alla costruzione di un nuovo mondo.
Vorrei raccontarle un aneddoto più personale. Ho incontrato Mitterrand pochi giorni prima della sua morte, durante una sorta di visita d’addio. Mi disse: «Vladimir, ancora una parola». Fu il suo ultimo messaggio per me: «Gorbačëv non appartiene al passato, appartiene al futuro». Questa frase corrispondeva perfettamente alla realtà.
Dopo la guerra fredda, avremmo potuto costruire un mondo basato sulla forza o privilegiare l’equilibrio degli interessi. Questo era ciò che capivano le persone sensate, non solo in Europa. Ho conosciuto un grande diplomatico americano, il Sottosegretario di Stato George Kennan. Fu lui l’ideatore della teoria del “containment” durante tutta la guerra fredda. L’ho incontrato quando aveva più di 100 anni, poco prima della sua morte. Mi disse che il più grande errore degli occidentali dai tempi di Gesù Cristo era stato non saper cogliere questa opportunità. La caduta del muro di Berlino era stata decisa sei mesi prima a Mosca.
Gorbačëv voleva andare verso la riunificazione della Germania. Era il giugno 1989. Io ero presente e avrei potuto raccontarvi come si svolsero i fatti. In quel periodo c’erano comunque 500.000 soldati sovietici in Germania. Fu un gesto di buona volontà. Il segretario di Stato americano dell’epoca, James Baker, a nome degli Stati Uniti e in presenza del mio amico, il grande diplomatico georgiano Eduard Shevardnadze, ultimo ministro degli Esteri dell’URSS, prese l’impegno che la NATO non si sarebbe spostata di un centimetro.
Non ci furono trattati. Gli americani successivamente approfittarono della situazione per sostenere che quell’impegno non fosse mai esistito, che si trattava solo di una promessa verbale e che quella fosse una vittoria dell’Occidente, il che era falso. Eppure, attorno a Gorbačëv c’erano persone visionarie con un approccio lucido alla realtà e una concezione di un socialismo democratico a misura d’uomo. Volevano costruire un nuovo mondo, senza guerre. All’epoca, Michail Gorbačëv riponeva fiducia negli occidentali. Era ingenuo, e fu proprio questa ingenuità che portò la sua popolarità ai minimi storici nel paese. Putin lo critica proprio per non aver stipulato un trattato. Come testimone, posso comunque confermare quell’impegno preso da James Baker. L’intera crisi attuale risale a quel periodo.
Giuseppe Giliberti: Lei ha detto che viviamo in un periodo molto più pericoloso della Guerra Fredda. A quali condizioni l’Europa potrebbe uscire da questa impasse, in cui non ci sono più linee rosse in Ucraina? Come potrebbe l’Unione Europea creare un nuovo ordine mondiale attraverso un’unione più stretta e un’offerta di cooperazione economica con la Russia? È ancora possibile creare un sistema di sicurezza europeo, autonomo rispetto agli Stati Uniti?
Vladimir Fédorovski: È una domanda molto seria. Non ho una risposta definitiva, ma sono assolutamente convinto che l’Europa e la Russia siano complementari. La cooperazione tra l’Europa e la Russia è essenziale. Conoscevo bene Chirac, che era un amico. Era convinto che si dovesse ragionare, come diceva lo storico francese Fernand Braudel, in una prospettiva a lungo termine, con una visione storica ampia, e che la cultura russa fosse eminentemente europea. Basta ricordare Tolstoj o Djagilev, per esempio.
Come diplomatico che ha partecipato alla gestione di molte crisi, penso che non si debba agire contro qualcosa o contro qualcuno, e quindi non necessariamente contro gli Stati Uniti. Tuttavia, la questione della sicurezza della Russia è assolutamente cruciale. Ed è per questo che la situazione è così grave.
I russi pensano che l’Europa abbia venduto la propria anima e sia diventata vassalla degli Stati Uniti. Credono ormai che il continente del futuro sia l’Asia. Ritengono che il loro avvenire sia legato ai BRICS.
Fino ad ora ero convinto che la prosperità dell’Europa dipendesse da tre fattori: il gas e il petrolio a basso costo provenienti principalmente dalla Russia, lo sviluppo della cooperazione con la Cina e la riduzione delle spese militari. Ma questi fattori non esistono più a causa delle sanzioni decise dagli occidentali, sanzioni che si sono rivelate completamente controproducenti per i paesi dell’Unione, in particolare per Germania e Francia. Questo ha fornito alla Russia l’opportunità di riorientare e riorganizzare le sue risorse, anche verso Cina e India, e non solo.
Devo ammettere che, forse paradossalmente, i russi continuano ad amare la Francia e l’Italia. Viaggio molto in Europa. Si sostiene che Francia e Italia siano diventate russofobe, ma non è vero. La Francia, dove vivo, è uno dei paesi più russofili. Ma vi si trova anche un gran numero di persone più vicine ai neoconservatori americani, che probabilmente hanno conti in sospeso con la Russia.
Questi ultimi cercano di indebolire la Russia provocando una divisione del paese in più stati, conformemente alla teoria di Paul Wolfowitz, il Sottosegretario alla Difesa ai tempi di Bush figlio, che aveva deliberatamente mentito sull’allargamento della NATO. L’Ucraina, secondo lui, doveva servire come punta di lancia per indebolire la Russia. Al momento del crollo dell’Unione Sovietica, un ex presidente polacco mi mostrò persino le mappe dei 37 stati che avrebbero potuto sostituire la Russia. Immaginate il caos che ne deriverebbe in un paese che conta più di 100 nazionalità sul suo territorio e diverse religioni. Ovviamente i russi non possono accettare minacce di divisione del genere.
Jean-Claude Mairal: Putin non aveva forse già avvertito riguardo alla NATO?
Vladimir Fédorovski: Nel 2008, in occasione dell’Incontro di Budapest, Putin aveva infatti avvertito chiaramente che l’ingresso dell’Ucraina nella NATO sarebbe stato un “casus belli”, e che non si poteva rischiare di compromettere la sicurezza del paese permettendo l’installazione di missili a 5 minuti di distanza da Mosca. Sarebbe stato come l’installazione di missili al confine messicano di fronte agli Stati Uniti. Gli americani, nel 1962, avevano richiesto e ottenuto da Krusciov, per le stesse ragioni e sotto la minaccia di una guerra mondiale, il ritiro dei missili sovietici da Cuba. È la stessa ragione di sicurezza che porta Israele a fare guerre e che ha generato quella in Ucraina.
In nome del liberalismo e con brutalissime e pesanti privatizzazioni, come in nome della Democrazia, gli Stati Uniti erano riusciti a convincere Eltsin a permettere che il 3% della popolazione si spartisse il 60% della ricchezza del paese. La metà della popolazione è rapidamente caduta sotto la soglia di povertà. Più di 120 miliardi di dollari hanno così potuto lasciare la Russia per rifugiarsi illegalmente nelle banche londinesi, e questo con la complicità delle banche occidentali. Questi signori parlano di valori, ma in realtà confondono ladri e valori. Questi signori dovrebbero rileggere Tolstoj, o meglio, leggere Tolstoj. Hanno derubato la Russia in un modo assolutamente straordinario. È stato il più grande furto del XX secolo.
Le affermazioni di Francis Fukuyama sulla fine della Storia si sono rivelate completamente false. Oggi stiamo assistendo all’emergere di un mondo veramente multipolare. Avremmo potuto cercare interessi comuni e un equilibrio di interessi, agire senza guerre e scegliere la pace. Sapete che sono stato spesso critico nei confronti di Putin. Ho origini doppie: russa da parte di madre e ucraina da parte di padre, che era un grande eroe della guerra contro i nazisti. Vivo questa guerra come una tragedia personale. I russi avanzano su tutti i fronti, il che è molto pericoloso e sempre più tragico per gli ucraini. Le perdite sono state considerevoli e il paese non ha le risorse umane necessarie. I numeri sono spaventosi. È assolutamente necessario iniziare i negoziati ora per evitare la scomparsa di un’intera generazione.
Pierrick Hamon: Nei media occidentali si parla ogni giorno della “dittatura” di Putin. Lui stesso ha parlato delle difficoltà economiche nella sua recente conferenza stampa. L’arrivo, al fronte, di soldati nordcoreani, non è forse anche un segno di difficoltà militari per i russi?
Vladimir Fédorovski: I russi non ne hanno bisogno. Hanno voluto mostrare che, anche dal loro lato, facendo appello alla Corea del Nord, e eventualmente alla Cina e ad altri, un’intensificazione del conflitto potrebbe avere conseguenze molto più ampie e globali. In questa guerra mediatica ognuno usa i simboli. Personalmente non avrei fatto appello ai soldati coreani. È pericoloso. È una risposta alle minacce di internazionalizzazione del conflitto e alla presenza di inglesi, francesi e americani in Ucraina. I missili a lunga gittata usati dalle forze ucraine non possono essere usati senza essere guidati dagli specialisti occidentali.
Ovviamente i russi hanno le loro difficoltà economiche, ma le sanzioni hanno anche portato a un’esplosione di investimenti. Nonostante le sanzioni occidentali e l’inflazione, l’economia russa resiste, con una crescita del 4% quest’anno, mentre in Germania è nulla e in Francia e Italia è dell’1%. È in questo contesto che la Russia è riuscita a formare un esercito di un milione e mezzo di soldati. A proposito, le fake news diffuse dai media occidentali sono innumerevoli. Ricordate quando affermavano che i russi non avevano missili, che Putin stava per morire di cancro, ecc. Se riescono a pagare i volontari è perché hanno riserve per diversi anni. Il ministro francese Le Maire aveva persino annunciato che la Russia sarebbe stata “in ginocchio in poche settimane”. In realtà, le sanzioni sono state un regalo per l’economia russa, che in questo modo ha potuto recuperare, in 3 anni, 10 anni di ritardo.
Il complesso militare-industriale produce oggi da 3 a 4 volte più proiettili di tutta l’Europa. I nuovi missili balistici a medio raggio Oreshnik cambiano completamente le carte in tavola.
Le interdizioni in Ucraina e in alcuni paesi riguardo agli autori russi hanno notevolmente aumentato la popolarità di Putin. Secondo i dati della CIA, la sua popolarità è salita al 78%, fino all’80%. La vera opposizione in Russia è composta da persone molto più radicali, che rimproverano a Putin di non reagire abbastanza duramente, quelli che io descrivo nel mio ultimo libro come il ritorno di Stalin. I pro-occidentali, che prima delle sanzioni erano quasi l’80%, ora rappresentano solo una piccola minoranza.
Ho gestito molte crisi tra russi e americani. Si incontravano regolarmente a Vienna e si accordavano per non uccidere i rispettivi dirigenti e ufficiali superiori. Gli ucraini hanno appena rivendicato l’assassinio recente di un generale, affermando di “voler fare paura”, il che ha avuto l’effetto contrario in una popolazione ferita e indignata. Questo è un grande pericolo. I nuovi missili russi potrebbero essere molto più devastanti per le persone, senza contare una superiorità militare che, in Europa, è di 10 a 1.
Giuseppe Giliberti: Ha detto che c’è stata una sottovalutazione degli aspetti irrazionali, che le origini della crisi derivano da una mancanza di iniziativa diplomatica. Ma c’è anche una violenza nel linguaggio dei capi di stato e anche dei diplomatici. Non è forse un problema in sé? Durante la crisi di Cuba non c’era questa violenza nel linguaggio così offensiva.
Vladimir Fédorovski: Una nuova generazione è arrivata al potere in molti paesi. Una buona parte non ha paura della guerra che non ha conosciuto. Sono pieni di disprezzo per i russi di cui ignorano la mentalità. Putin è piuttosto nella moderazione, cosa che gli rimprovera l’opposizione stalinista. La diplomazia non esiste più. Stiamo vivendo il momento più pericoloso della storia dell’umanità, e se andiamo avanti così, andremo dritti verso l’apocalisse.
Se avete visto l’ultima conferenza stampa di Putin, senza appunti, avrete notato che è completamente cambiato, e la situazione attuale gioca a suo favore. Questa conferenza è anche una forma di diplomazia orale pubblica, una negoziazione a voce alta. Putin ha precisato che è pronto a negoziare, pronto a un compromesso sulla base degli accordi di Istanbul che erano stati infine bloccati dagli inglesi e dagli americani e che avrebbero evitato tante perdite umane considerevoli, solo un mese dopo l’inizio del conflitto.
Giuseppe Giliberti: In Italia i media sono convinti che la presidenza di Trump renderà possibile un accordo molto rapido tra Russia e Ucraina. Qual è la sua opinione?
Vladimir Fédorovski: I contatti con Trump sono stati ristabiliti. Vedremo. Il Washington Post ha già riferito nei giorni scorsi di una recente telefonata tra Trump e Putin. Gli europei hanno evocato la possibilità di installare soldati della NATO in una zona demilitarizzata. Una soluzione proposta dai neoconservatori occidentali. Questo è qualcosa che i russi e Putin ovviamente non potrebbero accettare, correndo il rischio di rimandare il conflitto a più tardi, dopo un periodo di riarmo. Sarebbe una soluzione alla coreana con un riarmo dell’Ucraina da parte delle forze della NATO. È ovviamente inaccettabile. Ciò che vogliono i russi è una garanzia di sicurezza. Questo è il punto centrale sin dall’inizio. Il futuro vicepresidente Vance giocherà sicuramente un ruolo importante. Preparerebbe un piano di stabilizzazione negoziato sottobanco, non alla coreana, ma all’austriaca, con una ricostruzione dell’Ucraina che potrebbe eventualmente entrare nell’Unione Europea, cosa alla quale i russi non si sono mai opposti, contrariamente a quanto affermato in alcuni media. Il casus belli, e fin dall’inizio, è la NATO.
La dichiarazione del presidente Hollande e della cancelliera Merkel secondo cui avrebbero accettato gli accordi di Minsk, solo per dare il tempo all’Ucraina di riarmarsi, ha completamente delegittimato le diplomazie di questi due paesi.
Pierrick Hamon: Parlavate di una sorprendente russofilia dei francesi e degli italiani, una russofilia che sembra non aver toccato i media. Nel suo libro « Les autres ne pensent pas comme nous », l’ex consigliere diplomatico di Jacques Chirac, Maurice Gourdault-Montagne, si stupiva persino di questa vera e propria isteria antirussa. Come spiegare i cambiamenti di posizione del presidente Macron?
Vladimir Fédorovski: Se sono uno specialista di Putin, non sono uno specialista della psicologia di Macron. Per quanto riguarda il ruolo dei media, alcuni arrivano a immaginare che delle talpe fornirebbero degli elementi di linguaggio critico per aumentare la popolarità di Putin? Così, quando si vieta la pubblicazione dei grandi autori classici russi. In Italia, è stato impedito alla grande cantante russa Anna Netrebko di esibirsi… Tutto questo rafforza la popolarità di Putin. Le parole “diplomazia” e “geopolitica” non sembrano fare parte della cultura di una parte di questa nuova generazione di giornalisti. Conoscevo giornalisti che, all’epoca, erano molto anti-sovietici, ma che erano più preparati nella conoscenza delle cose. C’è un vero problema di formazione e anche di educazione.
Jean-Claude Mairal: Riguardo alla Siria, abbiamo visto i ribelli arrivare a Damasco in breve tempo, e il regime crollare mentre era supportato dalla Russia. Qual è la sua opinione su questa situazione? Da diplomatico, è stato sorpreso da questo crollo così rapido?
Vladimir Fédorovski: Per quanto riguarda la rapidità: sì. Per la situazione, no. Dimenticavo di dirvi che, nella mia lunga carriera diplomatica, sono stato l’interprete in lingua araba di Breznev. Ho quindi conosciuto bene i leader della regione dell’epoca. Si sapeva che Assad era indebolito. C’erano due problemi.
Il primo è che si appoggiava principalmente alla vecchia guardia, formata un tempo da suo padre, e che ha dovuto estromettere alcuni che avrebbero potuto danneggiarlo. Questo ha indebolito il suo esercito. Altri, diventati vecchi, sono andati in pensione.
Il secondo problema è che gli iraniani, concentrati su altre priorità, in particolare il Hezbollah, non erano in grado di intervenire. I russi lo avevano capito e avevano avvertito Assad. Putin ha rifiutato di inviare truppe russe per non rischiare un nuovo impantanamento come in Afghanistan, cosa che gli americani avrebbero voluto per allontanarli dalla Siria.
Il FSB aveva indicato a Putin che di fronte a 15.000 ribelli, Assad non sarebbe riuscito a resistere, e che non sarebbe stato opportuno aprire un secondo fronte dopo quello dell’Ucraina. Putin ha quindi negoziato, attraverso il processo di Astana, con la Turchia, l’Iran e vari paesi arabi, il ritiro delle truppe di Assad in parte verso la Libia e l’Algeria. Ha anche avuto contatti con Israele. Le nuove autorità avrebbero indicato il loro desiderio di mantenere le basi russe, così come quelle americane. Da vedere…
Giuseppe Giliberti: Per quanto riguarda i rapporti tra la Russia e i BRICS, si tratta di una realtà stabile per il futuro?
Vladimir Fédorovski: Penso che questo sia effettivamente il senso dell’evoluzione del mondo e la Russia vi si è impegnata. Il mondo non può più funzionare sotto l’egemonia totale degli Stati Uniti. Ci vuole un mondo equilibrato. Ma dove sono gli europei nelle negoziazioni? La loro assenza è totale. Gli americani decidono e gli europei eseguono. Questo è ciò che vedono gli altri Stati del pianeta. Non vogliono quindi trovarsi nella stessa situazione dell’Unione Europea.
E poi, non c’è più, o non c’è più, il desiderio di Europa. È una cosa che mi dispiace ricordare, io che mi considero un ponte tra l’Europa e la Russia. L’Asia è il continente del futuro. I BRICS non sono stati creati contro l’Europa o l’Occidente, ma per partecipare alla marcia di un mondo diventato realmente multipolare. In Europa, ci sarà, con le prossime elezioni, un cambiamento radicale della situazione, in particolare in Germania come negli Stati Uniti. Sarà un’altra Germania. È possibile che queste prossime elezioni portino al potere una squadra ancora più anti-Putin. Ma osservo che la diplomazia troverà finalmente il posto che non avrebbe mai dovuto perdere.