La storia politica e la presenza dei cattolici in Italia e alla guida del paese sono temi che giustamente riscuotono l’interesse non solo degli storici, ma di chiunque si occupi di politica e abbia a cuore le sorti di un paese la cui fede cattolica si è consolidata nel corso dei secoli per la presenza di uomini e donne che, proclamati poi santi, hanno illuminato con le loro vite e le loro opere di splendida luce di umiltà e di carità la storia della Chiesa. Una lunga e poderosa esperienza italiana che si è determinata anche per la particolarità della presenza su suolo italiano dello Stato del Vaticano, della presenza del Papa indiscusso primo apostolo di tutta la cristianità. E le vicende politiche italiane sono state nel corso degli anni molto condizionate da questa originale presenza, che risale al viaggio di Pietro in Italia (ricordiamo che Roma era la capitale del più imponente impero allora esistente). Molto si è scritto e si è discusso in proposito, tanto c’è ancora da ricercare e da approfondire. Un dibattito salutare per approfondire ogni aspetto di una vicenda storica e politica che ha insieme diviso il paese ma lo ha anche reso maturo per un’operazione politico-culturale originale: il tentativo recente di superare le incomprensioni e le barriere mettendo insieme, superati gli ideologismi, le migliori culture nazionali che hanno caratterizzato le vicende politiche del paese prima e dopo i due conflitti mondiali: le culture cattolica socialista e laica. Purtuttavia il tema, dopo i lunghi anni di impegno politico dentro un partito, la Democrazia Cristiana, che era individuato da tanta parte dei fedeli e soprattutto dalla gerarchia come il partito dei cattolici. Dopo la diaspora seguita al Concilio Vaticano II, qualcuno ha adombrato una marginalità del mondo cattolico nel governo del paese. Bisogna innanzitutto ricordare, che c’è uno spartiacque assolutamente imprescindibile per chi, cattolico, si pone il tema, riemerso negli ultimi tempi in Italia (ma penso che valga per l’esperienza dei cattolici in tutto il mondo) dell’impegno politico e della prassi cristiana. Quello spartiacque è il Concilio Vaticano II.

Nessuno può più ragionare di impegno dei cattolici in politica ignorando le risoluzioni e i documenti conciliari che hanno disegnato una Chiesa “altra”, aperta alle esigenze del mondo moderno, proiettata alla cura dei poveri, lontana dagli sforzi della mondanità, attenta ai nuovi mali di madre terra e profondamente schierata per la salvezza dell’umanità e dei tesori di un’evoluzione che ha fornito all’umanità splendori bellezze, incanti che la crisi climatica sta progressivamente distruggendo. Quello spartiacque nel nostro paese ha significato un prima (arroccato per non perdere i privilegi acquisiti dall’esercizio improprio del potere temporale, e segnato come indicavo, dalla presenza del partito cattolico, molto sostenuto dalla gerarchia ecclesiastica e forte della presenza del Vaticano), e da un dopo che è stato caratterizzato dalla diaspora nel mondo cattolico e che solo con l’avvento del papato di Francesco sembra essersi ricomposto nei principi universalmente riconosciuti di un’etica cristiana che trae origine non da un’ideologia, ma da un Dio fatto uomo per riscattare l’intera umanità dal peccato originale e dall’insaziabilità del potere, e dalle ipocrisie nascoste dietro l’apparente esercizio del culto e degli atti di fede. Quel prima e quel dopo sono anch’esse specifiche peculiarità italiane, per il modo in cui la vicenda si è dipanata. E non poteva essere diversamente, incombente lo Stato del Vaticano e tutta l’organizzazione cattolica che nel paese ha avuto ed aveva il riferimento nelle stanze d’oltre Tevere. La stessa vicenda delle comunità cristiane di base, movimento ecclesiale nato e cresciuto nel post-concilio, ha “liberato” i cattolici (o tanti di essi) anche dai vincoli di un approccio ai testi sacri e alle celebrazioni sacramentali rigidamente rituali e consuetudinarie, oltre che aiutarli a vivere la fede cattolica con la semplicità evangelica e la carità, anche e soprattutto come servizio politico ai diseredati agli emarginati alle classi più ai margini della scala sociale. Parallelamente si è sviluppata nel paese la vicenda dei Cristiani per il Socialismo, movimento più specificamente politico (vedasi in proposito l’ultima fatica di Giuseppe Improta, “Oltre Marx, Domenico Jervolino e il movimento Cristiani per il socialismo,1973-1984”). Storia importante quest’ultima, interamente dentro il tema che stiamo trattando, che va certamente contestualizzata, ma è utile ricordare che è stata un’esperienza che ha abbattuto tabù e ha liberato il mondo cattolico dalla cappa democristiana, un vincolo alimentato anche dalle continue incursioni nella politica italiana dei vertici della Chiesa Italiana e non solo. Il movimento dei Cristiani per il socialismo ha aiutato i cattolici ad esprimere un voto libero e non condizionato alle elezioni da campagne elettorali in cui puntuale arrivava in soccorso della DC il documento di sostegno della CEI, e a scegliere senza complessi di colpa la militanza nei partiti della sinistra.

In Italia le recenti elezioni hanno segnato un accentuato protagonismo di singoli, gruppi organizzati di ispirazione cattolica, per il posizionamento politico verso la varietà dei partiti che, tra l’altro, ancora fanno fatica a liberarsi fino in fondo dalle scorie ideologiche che li hanno caratterizzati nell’intero Novecento. Purtuttavia questo protagonismo ha anche sfiorato il tema della ricostituzione di un partito (una nuova DC?) che rappresentasse il punto di vista dei cattolici italiani. Un’idea che non ha attecchito e non lo potrà se il faro che guida le scelte politiche dei cattolici è la rivoluzione portata dal Vaticano II. Di recente proprio dai vertici della gerarchia cattolica italiana, nella settimana  sociale di Trieste, prima con Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, poi con l’autorevole intervento del Presidente della Repubblica, cattolico, è stato chiaro che sul piano dell’impegno sociale e politico la bussola è costituita dalla Costituzione, laica, dai valori in essa enunciati (che travalicano quelli che si potevano  evincere dalla prassi ideologica del secolo scorso). Ecco, il tema dell’impegno politico in Italia sta nel riferimento ai valori costituzionali, all’ispirazione evangelica di cui è impregnata la mole  degli atti conciliari, nell’attingere alle più recenti encicliche pastorali, sempre più attente ai problemi del creato e cariche di spinte verso l’impegno dei cattolici alla cura delle “cose del mondo”, della natura, dei beni indispensabili alla vita. Non ci sarà più spazio per un partito cattolico, ma lo spazio politico sta nell’impegno quotidiano a trasmettere nelle scelte politiche, programmatiche, legislative l’ispirazione costituzionale e l’etica cristiana che deriva dall’esercizio della propria fede, dall’immersione del cristiano del mondo odierno e dal coraggio e dalla prudenza che gli derivano dal rendere evidente la propria cristianità con le scelte siano esse politico istituzionali, siano esse  intime e personali e in una qualche misura anche comunitarie. Un pensiero politico cattolico unico non v’ha da essere e tale pensiero non è possibile catalogarlo “di destra” di “centro”, di “sinistra”, categorie squisitamente politiche che lo rendono ancora prigioniero di residui di ideologismo non più accettabile. Il mondo è ormai sulla strada dell’estremismo tecnologico: la pratica ed il pensiero cristiano-cattolico permeano tale fuga verso un ignoto e forse preoccupante futuro tecnologico con la saggezza della verità del Dio fatto carne e con la lungimiranza dei testi conciliari, forti di una visione del mondo che ripudia il buio di tempi condizionati da una Chiesa compromessa con la parte più ottusa conservatrice e indemoniata del mondo terreno. Il Vaticano II l’ha liberata da questi orrendi vincoli e il pensiero di Dio può librarsi libero a impregnare ogni originale impegno politico dei cattolici italiani, e dei cattolici di tutto il mondo, impegno ispirato alla carità e alla semplicità del racconto evangelico.

In copertina: manifestazione per la pace in Palestina, Bologna 2024

L'autore

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Giovanni Squame

Giovanni Squame è stato Presidente del Consiglio Comunale di Napoli negli anni dal 2001 al 2006, già consigliere comunale dal 1993.
Opinionista sulle pagine napoletane del quotidiano La Repubblica, scrive su fatti della città e sulle dinamiche del e nel mondo cattolico.
Attualmente è amministratore di una società napoletana, Mars Center, che si occupa di ricerca spaziale.