Image

Babele e la libertà dei media

Quando si evocano disordini in ambito morale, specialmente con implicazioni squisitamente di natura sessuale ed economica, ci si riferisce immediatamente alle bibliche Sodoma e Gomorra. Nel caso si ragioni sul caos, consapevolmente o inconsapevolmente procurato da chi ricopre i vertici di una società umana, la candidata ideale risulta subito Babele per via del celebre peccato di ubris con conseguente diroccamento della mitica torre e incomunicabilità derivata dalla compresenza di un grande numero di varietà linguistiche. Noi Italiani di oggi ci immaginiamo novelli abitanti di Babele, nonché simpatizzanti di città amorali e aspiranti liberi cittadini di Sodoma e Gomorra. Eppure, non dobbiamo sorprenderci se un simile idem sentire sia diffuso addirittura su scala continentale. Scandali come quelli legati all’influenza illecita per ora solo attribuita a Nazioni arabe in tema di compera di voti per ottenere candidature certe per l’organizzazione di eventi sportivi di rilievo internazionale, hanno minato la fiducia verso i parlamentari europei, gli alti funzionari e i vertici comunitari stessi. Quando il potere viene gestito in modo trasparente e i cittadini lo percepiscono come una sponda amica, la stampa gode di una felice accoglienza e può offrire un reale contributo a pungolare i politici in stile Washington Post e Watergate permanente. Viceversa, non appena fosche nubi attraversano il panorama locale o mondiale, la prima vittima sull’ara sacrificale delle libertà da limitare fortemente (se non annullare) è l’esercizio della libertà di stampa. Non a caso di recente vi è stato lo scandalo di oltre 90 tra giornalisti ed attivisti spiati su WhatsApp nell’esercizio delle proprie funzioni e prerogative; pare grazie ad un congegno elettronico predisposto da un gruppo di intelligence capace di successi su scala planetaria da svariati decenni. L’Europa intera avverte da qualche tempo il rischio di una deriva di stampo conservatrice, non dimenticando quanti sono le Nazioni border line sul fronte valori democratici. Dall’8 agosto di quest’anno è, perciò, entrata in vigore una norma a tutela di giornalisti e libertà di stampa. Con 462 voti favorevoli, 92 contrari e 65 astensioni è “passata” la Legge (relatrice la Popolare Sabine Verheyen) che obbliga gli Stati membri a proteggere l’indipendenza dei media e vieta qualsiasi forma di ingerenza nelle decisioni editoriali. Inoltre, i finanziamenti destinati ai media pubblici dovranno essere sostenibili e seguire procedure trasparenti. Sempre più spesso nel mondo vengono eliminati col carcere o con l’uccisione cronisti e free lance, in Italia semmai il tasto più delicato è quello legato alla conoscenza di tutti i proprietari reali (anche quelli occulti) dei nostri organi di stampa. Noi abbiamo una situazione con meno concentrazione in pochi gruppi editoriali del sistema nazionale, ma tanta capillarità che consente di “lavorare” perfino a piccoli giornali di “vicinato” ci espone non di meno al rischio che pochi gestori detengano oltre il 70 % dei media italiani. Naturalmente su un tema così cruciale e delicato, contiamo di ritornare con inchieste ed articoli già dal prossimo numero.

In copertina: Piero Barducci, Dentro la notizia (2025)

Babele e la libertà dei media | Lab Politiche e Culture