Mai nella storia del genere umano e in nessun altro luogo si è avverato un periodo di pace, di libertà, di benessere, di tutele sociali, di diritti individuali e collettivi come nell’Euroccidente da 75 anni a questa parte. Certo, non sono tutte rose e fiori. Ci sono le spine, le diseguaglianze, le lacerazioni contro le quali i democratici si battono tutti i giorni. Ma c’è una differenza abissale, sia in chiave diacronica che sincronica.  Ad esempio, sotto il rispetto diacronico, tra l’oggi e il primo Novecento. Allora una parte rilevante dell’Occidente, magari perché ignara di cosa fosse lo stalinismo, riteneva più desiderabile l’organizzazione politica e sociale dell’Unione Sovietica che non quella delle democrazie euroccidentali. E d’altronde questa parte del mondo aveva partorito fascismo e nazismo, regimi tutt’altro che ‘desiderabili’.

Oggi, e passiamo al riguardo sincronico, non c’è cittadino del mondo occidentale che ritenga desiderabile la vita in uno qualsiasi dei tanti Paesi retti dalle autocrazie orientali. Tutt’al più ci sono in Occidente componenti fondamentaliste religiose, della terza e quarta generazione di immigrati, che rivendicano il rispetto delle loro radici e si caricano di fanatismo ideologico, contrapponendo all’Occidente senza Dio l’idea di una società clericalizzata. Non di rado arrivano a praticare il terrorismo nel cuore dell’Occidente. Ma si tratta o di individui isolati, i cosiddetti ‘lupi solitari’, o di guerrieri ben pagati e armati dai loro danti causa d’Oriente. Non hanno un radicamento di massa paragonabile a quello delle sinistre marxiste del XX secolo. In fin dei conti la grande maggioranza degli stessi immigrati di ultima o prima generazione ritiene preferibile vivere in Occidente piuttosto che nei paesi d’origine. Dai quali volentieri scappa.

Nonostante le incertezze strategiche e le debolezze politiche delle democrazie, è il mix di benessere e libertà che le rende, alla lunga, più forti delle autocrazie. Ed è anche questo mix la minaccia più insopportabile per quest’ultime. Puoi torturare, assassinare, incarcerare gli oppositori politici, spegnere la libera informazione, perseguitare le donne; puoi reprimere, sorvegliare e punire con la massima ferocia; avrai dei sudditi impauriti, non ‘cittadini’ che si riconoscono nel tuo modello di società. Lo stiamo vedendo in questi giorni. A Damasco il regime criminale di Bashar Assad, protetto dalla Russia di Putin e dall’Iran dei mujahiddin, collassa in dieci giorni sotto i colpi di uno pseudo-esercito raffazzonato. Sicuramente supportato da Turchia, Occidente e Israele, ma in fin dei conti senza che questi abbiano affiancato i rivoltosi con una qualsivoglia unità di combattimento.

Collassò così, nel 1989, anche l’Unione Sovietica. Così si squagliò la Libia di Gheddafi.

I tiranni del mondo intero temono più di ogni altra cosa il contagio del modello di vita occidentale. Si sentono minacciati dalla libertà.

C’è una dinamica psicologica delle leadership personali, che si manifesta a volte anche nelle nostre democrazie. Pensiamo al sindaco eletto direttamente dal popolo, a volte senza o contro il supporto dei partiti. Inizia ad amministrare la sua città e viene ostacolato, un po’ dalla burocrazia un po’ dai partiti, e fa appello al ‘popolo’: ‘vogliono colpire me, per colpire voi!’

Poco alla volta comincia ad identificare se stesso con la città: ‘vogliono colpire la nostra città!’

Quindi appelli ai cittadini a sostenerlo contro la burocrazia e contro i partiti. E poi contro gli Enti sovraordinati, fino all’Europa.

Così alcuni capi di governo, chi li critica e contrasta è ipso facto contro il proprio Paese. Ma nelle democrazie c’è un confine dove i leader devono fermarsi. Subentrano le difese costituzionali immunitarie e finisce l’avventura.

Non così nei regimi autocratici. Qui l’ascesa del leader scala le gerarchie, fino a conquistare il potere nazionale, se e quando ci riesce. Stessa solfa – chi attacca me attacca il nostro Paese – con nemici diversi. Stavolta il nemico non è la burocrazia, che è soggiogata, ma la democrazia supportata da fantomatici nemici esterni. Gli autocrati di tutto il mondo e di tutti i tempi scambiano le aspirazioni democratiche dei loro popoli per cospirazioni del nemico esterno. Contro il quale prima o poi scatenano la guerra. Unico freno alla guerra preventiva, la valutazione dei rapporti di forza militare.

Le democrazie confinanti con le autocrazie prima o poi vengono assaltate. È stato sempre così nella storia, a cominciare dalle guerre greco-persiane, con le armate di Ciro il Grande, Dario e Serse che portarono la guerra alle città ioniche, colpevoli di rappresentare dei modelli di organizzazione politica contagiosi per l’Impero. Distrussero Mileto, Eretria e le altre città ioniche, ne rimossero i governanti per sostituirli con fantocci, soppressero le libertà, praticarono la pulizia etnica, rapinarono i bambini e li deportarono in Mesopotamia per affidarli a genitori tenuti ad inculcare loro i valori della teocrazia ed a cancellare dalle loro menti la memoria delle proprie origini. Prese le città ioniche, la minaccia furono Atene e Sparta, soprattutto la prima. Doveva essere punita ufficialmente per aver aiutato i Milesi, soprattutto per essersi data una costituzione democratica.

Quell’esercito persiano era imponente, la sproporzione delle forze spaventosa. Ma tra Maratona e Salamina la democrazia fermò l’invasore. Sparta, Tebe e le altre polis, in perenne contrasto con Atene, si unirono ad essa contro il comune nemico. Capirono che, dopo Atene, sarebbe toccata a loro.

Mutatis mutandis non viviamo oggi in un contesto tanto differente. Dall’Est Europa all’Asia, dal Medio Oriente all’Africa, negli ultimi mesi le autocrazie hanno portato un’offensiva coordinata contro l’Occidente. In particolare contro i Paesi che aspirano alla democrazia e con esse confinanti.

Con tutti i suoi limiti la pur immatura democrazia di Kiev è una minaccia. Così quelle delle Georgia e della Moldavia. La Cecenia era stata già ‘regolata’ a suo tempo. Non parliamo dei Paesi Baltici, e della Romania, della Slovacchia e della Boemia, le cui democrazie stanno già più avanti.

Così in Medio Oriente. Con tutti i suoi limiti e il suo pericoloso scivolamento da paese democratico a paese etnico, con un peso crescente del fondamentalismo messianico nel governo e nel parlamento, Israele rappresenta pur sempre un modello di libertà civili e politiche potenzialmente contagioso per l’Iran. Ciò, beninteso, senza sottacere in alcun modo i metodi ‘criminali’ dell’autodifesa di Israele.

Così in Estremo Oriente per Taiwan e la Corea del Sud.

Le democrazie sono chiamate ad una prova durissima. Le autocrazie si sentono minacciate e i rischi di una conflagrazione mondiale sono reali.

La stessa democrazia dell’Occidente vacilla. Siamo pur sempre la terra che generò Mussolini ed Hitler.

Se questo è lo scenario geopolitico planetario oggi – come difatti è – i democratici del mondo intero devono necessariamente darsi degli imperativi: sforzarsi di analizzare e capire il mondo, quello reale dell’oggi, fino allo spazio affollato di satelliti ed alla Intelligenza Artificiale, gli uni e l’altra protagonisti della ‘guerra ibrida’ in corso; difendere la democrazia e lo stato di diritto a casa nostra, in Occidente; ridurre le diseguaglianze sociali ed approfondire il welfare; contrastare i sovranismi ed i populismi divisivi dell’UE.

È indifferibile che la sinistra democratica occidentale, quella italiana ed europea per quanto ci riguarda direttamente, si dia un pensiero all’altezza delle sfide presenti.

In copertina: A.M. Hoch, Figure in Circle (1985), olio su carta montato su tela

L'autore

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Luigi Gravagnuolo

Luigi Gravagnuolo, n. 1951, è stato giornalista direttore della Radio Tv Salerno Sera, insegnante, docente presso l'UNISA negli anni novanta, comunicatore d'impresa e per Enti pubblici, direttore generale dei Comuni di Baronissi e di Salerno, sindaco di Cava de' Tirreni. Oggi è notista per diverse testate online, tra le quali genteeterritorio.it